Wabi Sabi

Il termine wabi-sabi è composto da due vocaboli distinti, dal significato piuttosto sfuggente.

Wabi” suggerisce un concetto di bellezza discreta, generata dalla presenza di un’imperfezione naturale o introdotta in modo casuale dai processi di lavorazione artigianale, ma mai simbolica e intenzionale. Una bellezza viziata dalla presenza di difetti naturali considerata, paradossalmente, perfetta.

Sabi” sottintende un’idea di bellezza legata al passare del tempo, che può manifestarsi solo in seguito all’usura e all’invecchiamento, come può accadere per le rughe che solcano il volto di un uomo, o la patina che ricopre inevitabilmente gli oggetti che usiamo.

Il wabi–sabi, profondo e multidimensionale, considera i reami più sotterranei dell’esistere trascendendone la mera apparenza, e trae dalla natura le sue tre lezioni fondamentali: nulla è perfetto – nulla è permanente – nulla è completo. La bellezza è quindi intimamente intrecciata con l’imperfezione e la caducità delle cose.

l wabi-sabi insegna ad esercitare il distacco dall’idea di perfezione assoluta, per riscoprire la bellezza di una creazione intuitiva e spontanea, forse incompleta ma sicuramente ricca di originalità. Immaginate un vecchio album in vinile che qualcuno ha ascoltato e riascoltato molte volte, lasciando che la puntina del giradischi ne estraesse il suono, passando sempre negli stessi solchi. L’usura e il tempo hanno inevitabilmente graffiato il vinile: un graffio accidentale, non voluto, che torna ogni volta a segnare quei suoni con la sua imperfezione, ricordando la fragilità delle scanalature e l’incompletezza di quei suoni sabbiosi. Quel vinile sarà assolutamente unico, e in misura solo intimamente percettibile, il suo fascino ne risulterà aumentato. Come parte integrante della cultura nipponica, il wabi-sabi, nella sua forma più pura e idealizzata, è forse proprio questo: un impalpabile paradigma estetico che si arriva ad intuire pienamente solo dopo anni di contemplazione. L’Occidente tenta da tempo di associarlo concretamente a una serie di qualità fisiche, correndo tuttavia il rischio di fraintenderne il significato, trasformandolo in uno standard esportabile da applicare alla creatività. Il wabi-sabi si può solo riconoscere istintivamente, perché riguarda certe delicate, invisibili tracce che si manifestano al limite del nulla, e adattarlo alla cultura occidentale è certamente una forzatura, anche se nel pensiero taoista (da cui esso trae origine) questa ingenuità nell’approccio alla sua comprensione non è del tutto paradossale. Il solo immergersi nella “banalità” della vita quotidiana, infatti, può condurre alla sua più piena comprensione.

Contrapponendosi alle concezioni occidentali, il wabi–sabi intende la bellezza come un evento silenzioso e dinamico: essa può rivelarsi in modo inatteso, come uno stato alterato della coscienza che ci permette di scendere inaspettatamente a patti con ciò che fino a quel momento consideravamo brutto. Lo si potrebbe definire un esercizio volontario di inversione percettiva. Non a caso, gli oggetti wabi-sabi sono spesso visti come “rustici“, perché così appaiono a un primo impatto: asimmetrici, rozzi, semplici, realizzati con materiali naturali, con superfici ruvide e irregolari, e di colore non uniforme. Occorrono sensibilità ed esperienza per essere in grado di apprezzarne pienamente il valore estetico. Essendo un’arte del sentire, non è del tutto corretto parlare di “applicazioni pratiche” del wabi-sabi. Tuttavia, per la nostra cultura materiale, è strettamente necessario esprimere in modo tangibile i concetti che esso esprime. Un ottimo compromesso, allora, diventa quello di lasciare che il wabi-sabi ispiri un minimalismo intuitivo, per nulla razionale, e un’estetica imperfetta e vissuta, tesa a ricreare un’atmosfera personale e intimista. Nel design, ad esempio, attribuire valore all’imperfezione significherà produrre oggetti capaci di invecchiare ed essere riparati, oggetti intesi come entità vive e mutevoli le cui imperfezioni possano diventare elementi narrativi del loro vissuto, stimolando in tal modo un legame duraturo tra utente e prodotto. Analogo discorso si potrà fare anche in altri campi della creatività, come l’architettura, l’arte, la poesia e la scrittura.

Potremmo insomma definire il wabi-sabi come un insolito cambiamento di prospettiva, che può generare un mutamento interiore molto potente e profondo, in grado di spingerci a rallentare e considerare i dettagli della realtà circostante, in tutte le loro sfumature più squisite ed evocative.

Fonte (https://imperfect.it/2012/05/01/wabi-sabi-la-bellezza-nellimperfezione/)

Kintsugi

Si tratta di una tecnica e anche una filosofia di origine giapponese. Si possono utilizzare gli ideogrammi kanji 金継ぎ , dove 金 indica ‘oro’ e 継ぎ ‘riparare’. Letteralmente vuol dire ‘riparare con l’oro’ ed è di un’antica tecnica giapponese che consiste nel riparare oggetti in ceramica e porcellana, come vasi, piatti e vassoi, utilizzando l’oro per saldare insieme fra loro i vari frammenti. Le crepe restano così in evidenza e non celate, come saremmo portati a credere noi Occidentali, quando si tratta di riparare un oggetto rotto. In pratica, con questa tecnica si aggiunge valore all’oggetto rotto. Ma non si tratta solo di una di riparazione, è anche una filosofia di vita. Il concetto che sta alla base può infatti avere anche un significato metaforico molto profondo.

kintsugi

La filosofia del kintsugi

Questa non è soltanto un mero concetto artistico, ma possiede anche radici profonde nella filosofia zen. I concetti racchiusi sarebbero:

  • mushin: la capacità di lasciar correre, dimenticando le preoccupazioni e liberando la mente dalla ricerca della perfezione.
  • anicca o impermanenza: la consapevolezza del fato e della transitorietà dell’esistenza. Tutte le cose sono destinate a finire e bisogna accettare questa condizione con un approccio sereno e consapevole.
  • mono no-aware: una sorta di empatia per gli oggetti. Apprezzandone la decadenza, si arriva ad ammirarne la bellezza.

La metafora del kintsugi

Questa antica arte di riparazione vdi oggetti preziosi viene spesso usata come simbolo e metafora del concetto di resilienza. Inoltre, rappresenterebbe anche il concetto di frattura in senso lato, e quindi delle crisi e dei cambiamenti che l’individuo può dover affrontare nel corso della vita. L’idea alla base è quella che dall’imperfezione, così come da una ferita, possa nascere una forma migliore e ancora maggiore di perfezione, estetica e interiore. Non è un caso che in questa pratica il vaso o l’oggetto rotto venga riparato senza nascondere le crepe, ma, anzi, queste ultime vengono appositamente sottolineate attraverso un materiale prezioso come l’oro. Questa valorizzazione della frattura rappresenta la nuova storia dell’oggetto rotto. L’idea di recuperare e valorizzare un oggetto che altrimenti avrebbe perso la sua destinazione d’uso si può applicare anche alle persone, perché, anche dopo una rottura o un danno, è possibile superare e ‘guarire’ le proprie ferite interne e diventare migliori. Ed ancora, come le fratture vengono valorizzate dal prezioso metallo, la persona può mostrare con orgoglio le sue cicatrici, perché rappresentano il suo vissuto in un processo di rinascita.

Fonte (https://www.tuttogreen.it/kintsugi/)

Kaizen

Kaizen è una filosofia giapponese diventata moderna nel mondo dell’organizzazione aziendale. È uno dei concetti più amati dagli innovatori del cambiamento. Il significato originale della parola giapponese “Kaizen” dal Dizionario Shogakukan potrebbe essere letteralmente tradotto come “L’atto di migliorare i punti negativi”. La traduzione più popolare è “cambia in meglio“, anche per migliorare. Kaizen è più un processo interno che accade nella cultura e nella mente. L’obiettivo è realizzare il tuo potenziale, rompere lo status quo e in questo modo ottenere miglioramenti. Detto questo, un modo più preciso per definire Kaizen sarebbe come “auto-sviluppo continuo”. In realtà, il senso moderno della parola ha avuto origine nelle fabbriche Toyota. Dopo la seconda guerra mondiale molte aziende giapponesi furono influenzate dalle metodologie introdotte dai consulenti americani, inviate nell’ambito del piano Marshall. Sebbene questa pratica sia stata implementata altrove, Toyota è l’esempio più brillante di un’azienda che ha fatto un’eccellente pratica di miglioramento continuo, creando sistemi di gestione efficaci per generare, acquisire e rivedere miglioramenti in cicli infiniti.

Hansei

Al fine di raggiungere Kaizen, è necessario adottare la pratica dell’autocritica. In giapponese, quella pratica è conosciuta come Hansei. Ciò significa che è necessario ritenersi responsabili e trovare un margine di miglioramento continuo anche se tutto procede secondo i piani. L’adozione di questo tipo di mentalità ti darà la possibilità di riscontrare due pensieri. Il pensiero positivo ti mostrerà tutto come un “successo”, mentre quello negativo sarà: “avrebbe potuto essere migliore” che indicherà la motivazione per migliorare continuamente e conquistare nuove vette. Ad esempio, in un sistema di produzione in catena di montaggio, in caso di anomalia, tutto il personale della linea dovrebbe arrestare la produzione in movimento . Quindi, il personale, insieme ai supervisori, suggeriscono un’opzione per risolvere l’anomalia. Da questi suggerimenti nascono nuove idee, nuovi reparti di soccorso, o nuove metodologie per impedire a monte il verificarsi di eventi bloccanti. Inoltre, al termine del progetto, si tiene un Hansei-kai (incontro di riflessione) per analizzare l’intero processo, e le eventuali anomalie. Attenzione però, è importante sottolineare che un processo Hansei-kai si verificherebbe anche se il progetto fosse terminato con successo, senza problemi riscontrati lungo il suo ciclo di vita.

Attivare la cultura Kaizen

Questi approcci avviano il Pensiero Kaizen e generalmente forniscono piccoli miglioramenti durante tutto il processo. Di conseguenza, la cultura dei piccoli miglioramenti e standardizzazione costantemente allineati porta a cambiamenti significativi in ​​termini di miglioramento complessivo della produttività. La metodologia Kaizen sviluppata include la modifica e il monitoraggio dei risultati, quindi l’adeguamento. La pianificazione su larga scala e la programmazione estesa del progetto sono sostituite da piccoli esperimenti, che possono essere rapidamente adattati quando vengono suggeriti nuovi miglioramenti.

L’approccio mentale

  • le risorse umane sono al centro del processo di miglioramento della metodologia Kaizen
  • Il processo deve progredire grazie a piccoli ma continui miglioramenti
  • Avere una mentalità tesa ad imparare da tutto e tutti senza criticare e senza biasimare anche le ideescartate
  • il miglioramento deve basarsi sulla valutazione delle performance del processo
  • Adottare un approccio di tipo problem solving che sia in grado di generare idee per migliorare
  • Adottare un metodo scientifico basato sulle misurazioni non solo sulle sensazioni
  • avere un approccio sistemico che prenda in considerazione tutti i processi che possano essere influenzati non solo quelli che possono essere sistemati immediatamente

Per facilitare la comprensione, è possibile applicare il famoso ciclo di PDCA (Pianifica, Esegui, Verifica, Agisci).

Kaizen, PDCA Lean Production Headvisor Tutorial
  • PLAN: Pianifica i tuoi miglioramenti, compresa la definizione degli obiettivi.
    La prima cosa da fare quando si vuole implementare un progetto grazie alla metodologia Kaizen è identificare cosa sottoporre ad un rapido miglioramento e pianificarne gli obiettivi. Una volta identificato il processo ci si potrà focalizzare su come eliminare un certo spreco, una riduzione del lead time, un miglioramento della qualità o della produttività. Quindi circoscritta la problematica che si vuole affrontare, serve ora formare un team interfunzionale di persone che sia in grado di aggredire il problema e di risolverlo velocemente.
  • DO: Attua le azioni necessarie per il miglioramento.
    La squadra di persone scelta per apportare un miglioramento secondo la metodologia Kaizen si dedicherà, prima di tutto, alla comprensione del problema oggetto dello studio del processo sul quale si vuole intervenire, in modo da avere una visione comune del lavoro da fare. Si inizierà con una fase di analisi As-Is (anche grazie a strumenti come la Current State Map) al fine di raccogliere tutte le informazioni necessarie per comprendere la metodologia dell’intervento attraverso puntuali misurazioni: qualitative, tasso di scarti e loro origine, distanze coperte, spazio occupato dai macchinari, numero e frequenza degli attrezzaggi. Poi si individueranno i motivi che originano l’inefficienza: colli di bottiglia, personale poco qualificato, bassa disponibilità di risorse, errata distribuzione dei compiti specifici e così via. Ad ogni membro della squadra verranno assegnati ruoli specifici di ricerca e di analisi. Non appena raccolte tutte le informazioni necessarie, si inizierà a stilare la nuova Value Stream Map (VSM) ovvero la mappa del Valore in cui evidenziare le azioni avalore dell’attuale processo. Nell’analizzare l’area sottoposta ad esame per individuare tutti gli spunti di miglioramento, i membri del team Kaizen identificheranno e registreranno gli sprechi rilevati. Per farlo al meglio occorrerà individuare gli obiettivi del processo esaminato e le operazioni a valore aggiunto associate ad ognuna delle sue fasi. Individuati gli sprechi o le attività prive di valore aggiunto, I membri della squadra di studio cercheranno insieme, ad esempio tramite la tecnica del Brainstorming, ipotesi di miglioramento.
    Le idee, poi, verranno testate nell’area sotto esame direttamente o tramite simulazioni. Le idee che saranno ritenute le migliori saranno poi implementate. Per ottenere I maggiori benefici da un intervento Kaizen, I membri della squadra operativa dovranno osservare e registrare i dati relativi ai cicli temporali e calcolare i risparmi totali che derivano dall’eliminazione degli sprechi.
  • CHECK: Verifica il tuo successo rispetto alla tua baseline.
    Il successo della metodologia Kaizen dipende dal completamento del processo di miglioramento e dal mantenimento successivo delle azioni operate. Una parte fondamentale di questa attività, infatti, è costituita dalla fase di check che deve assicurare che i nuovi processi siano adeguatamente consolidati. I membri del team Kaizen dovranno rilevare con regolarità le performance riferite al processo e all’area di intervento per documentare i miglioramenti ottenuti nel medio e lungo periodo. Queste misurazioni potranno includere: lead time, cicli, tasso di difettosità, movimentazioni richieste, spazio utilizzato, ecc. Gli interventi di check vanno programmati a breve distanza di 3-5 giorni dall’inizio del progetto Kaizen per identificare eventuali modifiche da apportare alle soluzioni adottate e per sostenere il cambiamenti in maniera efficace.
  • ACT: Attiva correttivi al fine di migliorare. Una volta consolidato il processo di Check del sistema di miglioramento, la nuova soluzione o il nuovo pensiero che hanno portato al successo, potranno essere implementati anche sul resto della struttura aziendale. La condivisione dei successi è fondamentale nella metodologia Kaizen per il miglioramento continuo . Incentivare tutti i reparti a prendere spunto e attuare una nuovo processo di miglioramento sulla scorta del successo conquistato. Il pensiero Kaizen sprona alla ricerca del miglioramento e alla condivisione dei successi.

Il ciclo virtuoso

Man mano che avanzi in ogni passaggio, mantieni la ruota PDCA in movimento, rappresentando un miglioramento continuo. Quando arrivi di nuovo alla fase iniziale, prendi in considerazione i tuoi sviluppi precedenti e pianifichi quelli successivi. Ma ricorda, questo è solo il risultato di Kaizen. Il miglioramento continuo è la forza esterna, ma Kaizen è la forza interna che ti spinge a migliorare regolarmente e mettere in discussione lo status quo.

I benefici Kaizen

Una parte importante della cultura Kaizen è che viene percepita come una mentalità, un modo di vivere. Non solo migliorerai il tuo processo, ma migliorerai te stesso. Una buona pratica comune è la condivisione delle conoscenze tra i membri del team e l’incoraggiamento dello sviluppo di ciascuno. In realtà, questo è anche lo stile di leadership che implica il ciclo Kaizen. Invece di essere soddisfatto di raggiungere il tuo picco, assicurati di aiutare gli altri a raggiungerti in cima.Detto questo, ora diamo un’occhiata ad alcuni dei più notevoli benefici di avere una cultura Kaizen consolidata.

1. Le persone vengono fatte crescere

Tutti parlano la stessa lingua e sono coinvolti assieme. Piccoli cambiamenti continui e standardizzazione portano quasi automaticamente tutti sulla stessa pagina. I dipendenti fanno parte del processo e della sua creazione, migliorandosi con esso. Si crea un ambiente in cui i suggerimenti delle persone vengono presi in considerazione e valutati. Si rendono le persone più attente nel cercare miglioramenti. Si arricchisce l’esperienza di lavoro di ogni persona facendo emergere il meglio da ognuno

2. Crea una mentalità di crescita

I valori dell’azienda si collocano tra i componenti più importanti di un’azienda di successo. Kaizen è un modo per unire tutti tra loro condividendo la stessa mentalità e lo stesso approccio verso il lavoro e lo sviluppo. Si crea la consapevolezza che anche un piccolo miglioramento è importante. Nasce un sistema che comunica a tutti i miglioramenti apportati. Le reazioni delle persone che partecipano all’evento Kaizen sono buone perché, essendo coinvolti e informati fin dall’inizio, partecipano più volentieri

3. Aumenta la motivazione

I membri del team sono motivati ​​a impegnarsi e migliorare quando vedono che fanno parte del cambiamento. Quando vedono le loro piccole idee incorporate in un processo di miglioramento continuo, sono più desiderose di tenere il passo e contribuire. Coinvolge tutti nel grande processo di miglioramento continuo.

4. Migliore accettazione di nuove idee

Quando la tua organizzazione è abituata ad accettare lo status quo, a volte nuove idee e opportunità possono essere viste in una luce negativa. Con una strategia di miglioramento continuo implementata, i tuoi team si abitueranno e apprezzeranno lavorare con l’idea che il cambiamento sia positivo.

5. Riduzione di costi e aumento della produttività

Costi ed investimenti sono ridotti. Si migliorano qualità, sicurezza, costi di struttura, spedizioni, ambiente, servizi al cliente. Le persone che lavorano in un’organizzazione sanno già quali cambiamenti bisogna apportare. Ecco qual è la potenzialità di ogni azienda e la sua risorsa più importante: le persone che vi lavorano. Con il Kaizen i problemi diventano possibilità di miglioramento. Si migliora in ambiti quali l’utilizzo degli spazi, la qualità dei prodotti, l’utilizzo dei capitali, le comunicazioni, la produttività e la conservazione delle risorse umane. C’è una riduzione degli sprechi di attività quali l’immagazzinaggio, i tempi di attesa, il trasporto, la movimentazione delle persone, la formazione, la sovrapproduzione e la qualità in eccesso. I risultati sono immediati. Invece di focalizzarsi su grandi miglioramenti che prevedono grossi investimenti di capitale, ci si concentra sull’utilizzo della creatività per risolvere su base continua un grande numero di piccoli problemi. I grandi progetti che prevedono grossi cambiamenti e investimenti consistenti di capitali occorreranno ancora ma il Kaizen si concentrerà solo sui piccoli miglioramenti quotidiani. Le persone che lavorano in aziende dove si applica la metodologia Kaizen in genere trovano il lavoro più facile e godibile, hanno il morale più alto e sono più soddisfatte dell’attività lavorativa. Il loro turn-over è più basso.

Fonte (https://www.headvisor.it/le-4-fasi-kaizen-del-migliormanto-continuo)

Ikigai

ikigai

L’ikigai (生き甲斐) è uno dei principi giapponesi più interessanti, che si può tradurre con le espressioni ‘ragione per vivere’ o ‘ragione della propria esistenza’. Dunque, è lo scopo della propria vita o la propria felicità. È ciò che dà gioia a una persona, la ragione che ci spinge ad alzarci dal letto ogni mattina. Ognuno di noi ha il suo scopo nella vita e, a un certo punto, arriva il momento in cui è necessario andarlo a ricercare. Prendere coscienza di quale sia il proprio scopo nella vita può migliorare l’esistenza sotto vari aspetti. Alcuni esperti lo considerano il segreto della felicità e della longevità che caratterizzano il popolo nipponico, ed è una delle filosofie e delle pratiche giapponesi più conosciute in Occidente.

Come capire il proprio ikigai

Il proprio principio si trova nel punto in cui si incrociano la propria passione, la propria missione, la propria professione e la propria vocazione. Si trova quindi all’incrocio di 4 aree fondamentali:

  • le cose che  vi piacciono
  • quello di cui il mondo ha bisogno
  • ciò in cui siete bravi
  • le cose per cui potete essere pagati

Per capire quale sia questo principio personale, potrebbe essere utile compilare un diagramma composto da 4 cerchi che si intersecano.

  1. Nel primo cerchio bisogna elencare tutte le cose in cui si è bravi. Questa sfera racchiude talenti o capacità che si possiedono, indipendentemente dal fatto che la persona ne sia appassionata o meno.
  2. Nel secondo cerchio si scrive tutto ciò che si ama, porta gioia e che fa sentire più vivi e realizzati. Ad esempio, cantare, scrivere, uscire con gli amici, nuotare, leggere romanzi…
  3. Nel terzo cerchio vanno elencate le cose di cui il mondo e l’umanità hanno bisogno. Si potrebbe trattare dell’Umanità intesa in senso globale o anche solo di una piccola comunità.
  4. Nell’ultimo cerchio, si devono inserire le attività per cui si potrebbe essere pagati. E quindi tutti quei servizi e quelle cose per cui c’è un mercato.

All’incrocio tra ciò che si ama e ciò in cui si è bravi ci sono le proprie passioni.  Nella zona di intersezione tra ciò che si ama e ciò di cui il mondo ha bisogno c’è la propria missione.

All’incrocio tra ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò per cui si può essere pagati c’è la propria vocazione. E all’incrocio tra ciò in cui si è bravi e ciò per cui si può esser pagati c’è la propria professione.

L’intersezione centrale è la più importante. Quella è il proprio principio.

Concludendo, questo principio è al tempo stesso qualcosa che appassiona, in cui si è anche bravi, di cui il mondo ha bisogno e per il quale qualcuno sarebbe disposto a pagare.

Test dell’ikigai

Per poter compilare il test come appena spiegato, è quindi necessario rispondere a 4 domande fondamentali.

  1. Che cosa ami, qual è la tua passione? Questa è una domanda molto importante perché può essere lo stimolo fondamentale e il vero motivatore dell’esistenza. Bisogna quindi chiedersi ‘cosa mi piace veramente?’ Cosa farei se non avessi il problema di dover guadagnare e potessi solo seguire il mio cuore in totale libertà?”
  2. In cosa sei bravo? Questa domanda serve per far emergere la propria vocazione. Può coincidere, ma anche no, con la risposta che abbiamo dato alla prima domanda. Tuttavia, in questo caso, si tratta di una questione più pratica e meno emotiva. Non sempre talento e passione coincidono.
  3. Cosa vuole il mondo da te? Questa è, forse, la domanda più difficile di tutte. In pratica, si tratta di capire qual è il compito che abbiamo sulla terra. Cos’è quella cosa che è utile a noi stessi ma anche agli altri e al pianeta per diventare un posto migliore
  4. Qual è la tua professione? Domanda semplice e piuttosto pratica

Le risposte potrebbero sovrapporsi oppure essere molto diverse. L’ideale sarebbe trovare un equilibrio tra tutte e 4 le sfere.

ikigai

Filosofia dell’ikigai

Dietro al concetto di ikigai c’è una vera e propria filosofia che ruota attorno a 5 grandi pilastri. Ecco quali sono:

  • Iniziare in piccolo
  • Lasciarsi andare
  • Armonia e sostenibilità
  • Provare gioia per le piccole cose
  • Vivere nel qui e ora

Esercizi di ikigai

Come si sarà potuto intuire, scoprirlo non è proprio semplice e neppure immediato. Potrebbe essere utile fare dei piccoli esercizi quotidiani che allenano la felicità. Vediamone alcuni esempi.

  • Prendersi dei momenti per pensare ai propri sogni.
  • Prendersi cura della propria mente e del proprio corpo: mangiare sano, tenersi in ordine, dormire bene, concedersi qualche coccola di benessere.
  • Ogni sera, scrivere su un diario le cose belle accadute nel corso della giornata e per le quali si è grati (almeno 3).
  • Smettere di colpo di fare tutto e cominciare a chiedersi quali sono le vere priorità.

Fonte (https://www.tuttogreen.it/ikigai/)

Passeggiata di fine estate

Da tempo volevo scrivere di quella passeggiata in spiaggia a Jesolo, in quei giorni di inizio settembre.
Ero solo e pensieroso in direzione di una luce … Quale luce? Quella del faro ancora spenta o quella del sole che stava tramontando?

Quale guida o quale esempio di vita seguire? Domande che al tramonto dei trenta ancora mi pongo. A mio parere non vi è una risposta unica o definitiva e non mi fido di chi è così convinto di una risposta certa.
Inizio a camminare e vedo sulla spiaggia molti di quei castelli di sabbia che con il passare del tempo diverrano sempre più piatti fino a scomparire.
Guardo l’orizzonte e mi viene in mente come la vita può essere la scelta di uno o molti di quei pontili, si perchè una persona può esser fortunata e trova un bel pontile in cemento armato, solido, con piastrelle antiscivolo e arriva fino in fondo senza problemi.

Ma la maggior parte dei pontili che ho trovato sulla spiaggia erano di legno con il rischio di schegge o di scivolare per colpa della sabbia e dell’acqua. Magari succede che si rompe una tavola di legno e per fortuna hai vicino a te, qualcuno che ti aiuta a non inciampare o a sistemarla.

Alla fine del pontile poi ci si può fermare soli o accompagnati ad ammirare il tramonto. L’importante è che il mare sia calmo altrimenti se è burrascoso non si riesce a godersi ne il panorama ne il divenire della sera.

Sulla spiaggia ho visto diversi pontili, ed una persona può decidere se percorrere tutto il pontile o tornare indietro a metà strada mentre potrebbe anche arrivare fino in fondo e buttarsi con il rischio di trovarsi in mezzo alle meduse…

L’importante è saper nuotare anche in mezzo agli squali…

Se si torna indietro bisogna ripassare dalla spiaggia e non sai se l’altro pontile è migliore o peggiore fin quando non ci sali e lo percorri.

Se penso alle ultime settimane o agli ultimi mesi direi che sulla mia spiaggia ho dovuto fare una manutenzione straordinaria, da altri pontili mi son tuffato (con e senza altre persone condividendo piacevoli esperienze) ed ora ho intrapreso un nuovo pontile che devo ancora scoprire come è fatto.

Alla fine della passeggiata arrivo davanti al faro ancora spento e il sole che ormai sta sparendo. Mi rendo conto che quasi ho quarant’anni e guardando indietro vedo tutti quei pontili e penso: ai diversi punti di vista, alle scelte giuste e alle scelte sbagliate, alle relazioni d’affetto, alle relazioni amicali, alle relazioni professionali, alle volte che ho saputo ascoltare e alle volte che ho fatto di testa mia, alla costanza e alla incostanza, alla perseveranza e al caso fortuito.

Tutto questo pensiero o divagare filosofico non è casuale, fa parte di rielaborazioni mentali, esperienze vissute e di quelle scelte difficili e sofferte che a volte bisogna fare, per rischiare e per non rimanere con il rimorso di non averci provato.

Settimana scorsa sono stato ad un convegno, che parlava di disagio adolescenziale, ed esserci stato come professionista (insegnante di sostegno/psicomotricista/musicoterapista) mi ha permesso anche di dare uno sguardo compiaciuto, a come ho affrontato il mio passato, comprendendo gli insuccessi scolastici, le difficoltà (ancora oggi sono disgrafico) gli scontri famigliari, i lutti e la solitudine.

Oggi unisco i puntini (come nel discorso di Steve Jobs) di come tutte le mie esperienze mi hanno permesso di divenire quello che sono.

Credo che in ogni tipo di relazione (amicale, d’affetto, professionale …) vi sono 3 punti essenziali che se seguiti con parsimonia portano a risultati di completezza e felicità (questo vale per me e per la mia scala di valori personali … per altri può esser diverso). Eccoli:

  • Passione verso una persona o verso ciò che fai (con competenza e professionalità).
  • Rispetto della persona (dei suoi spazi e dei suoi tempi), dell’ambiente in cui vivi o lavori, delle cose (tue e degli altri).
  • Sincerità verso gli altri e verso te stesso.

 

 

 

 

Niente è impossibile … ecco un esempio vivente

Ho deciso di fare un articolo riguardo al motto del mio Blog “Niente è impossibile basta avere volontà”.

Ho condiviso qualche giorno fa un video che merita la diffusione soprattutto in questa società consumista senza valori o senza più fatica per uno scopo. Oggi si vuole tutto e subito poi ci si lamenta perchè al posto di un iphone 5 ho un cellulare samsung da  99 euro o perchè non ho l’ultima borsa alla moda o le converse vintage …. e roba simile … Mi metto anche io nella lista per quanto ci rimango male quando finisce la nutella o la coca cola.

Oggi voglio parlarvi di un mito, un esempio per tutti : NICK VUJICIC

Anzi non vi sono parole per descrivere la sua grandiosa volontà d’animo ecco il video: clicca qui

Personal Branding

Innanzitutto cosa è ?? E’ la reputazione, l’opinione che le altre persone si fanno di noi …in questo caso di me.


Cosa mi rende unico ??
Onestamente non ho mai pensato a questa domanda prima del corso a “Sqcuola di Blog”, ma credo sia importante fermarsi e guardare il percorso fatto fino ad ora e notare cosa accomuna tra loro le esperienze vissute. Nel mio caso ho notato che sono portato ad aiutare il prossimo comunicando in qualsiasi modo (combattendo con la mia timidezza); se infatti guardo i lavori del mio CV (Bibliotecario, Front desk aeroporto, Educatore), seguiti da un certo tipo di percorso scolastico (Dirigente di comunità, Organizzatore di eventi, Scienze e tecnologie della comunicazione musicale), si intravede un filo logico che si compone.
Non mi interessa la carriera o fare i soldi…. avere uno scopo ed essere di aiuto ad altri credo sia più importante …. sono quello che lavora e non vuole essere messo in evidenza, mi piace stare dietro le quinte …. sempre senza mancarmi di rispetto.
So di valere e di portare a termini i progetti e quando do una parola la mantengo.
So lavorare in team e anche singolarmente ogni giorno affronto esperienze multicanali diverse (educazione, musica, informatica).
I miei punti di forza sono il Problem solving, l’ordine, la correttezza,l’organizzazione, l’adattamento nel tempo e nello spazio.
I miei punti deboli li si possono individuare nel momento in cui mi dicono di fare il venditore, l’oratore (terrore del microfono) o il programmatore (SQL,C++,Java).


La mia esperienza è soprattutto i miei progetti futuri sono rivolti alla comunicazione innovativa, multicanale e multisettoriale; infatti sono convinto che in futuro le aziende, anche in concorrenza tra loro, condivideranno clienti, dipendenti, consulenti, attrezzature, tecnologie, ecc… La new economy sarà basata su  quello che avviene già in rete, cioè condivisioni in ogni campo e valutazioni/reputazioni  degli utenti finali da sostenere o da cui difendersi.